giovedì 3 marzo 2011

Il Gusto del Viaggio



Giappone, Kyoto, 2010
Giappone, Kyoto, 2010


Ho sempre amato cucinare.
Mi procura felicità impastare sapori, amalgamare aromi, creare pietanze da un insieme esiguo di ingredienti, trasformarli, mescolarli, cuocerli per farne altro, una somma che è certamente più delle singole parti. Mi fa sentire simile ad un alchimista, ad un mago, ad un artista, e questo mi piace, rende incantevole un operare che per molti è mera necessità quotidiana.
L'attesa davanti al forno acceso, ammirando con stupore una torta che lievita o i biscotti che imbruniscono, ha per me un sapore di gioia pura, dolcissima, infantile forse.
Mi appaga creare buon nutrimento, condividerlo con le persone care, deliziare occhi, nasi e bocche con un'opera deperibile ed effimera come lo è il cibo.
Mi piace (e riesco, spero) ad esprimermi così, attraverso una pietanza, a comunicare qualcosa a coloro che condividono il desco con me, attraverso i piatti che cucino, foss'anche solo il sentimento vago di Bello e di Buono che sento dentro.

Viceversa sono ingorda di sapori altri, curiosa di discorsi stranieri impastati in quel luogo alchemico che è la cucina (in ogni parte del modo esiste!), insaziabile nel senso del gusto come qualcuno può esserlo con la vista o un cieco con il tatto.
Il cibo ha per me valore di proclama, di poesia talvolta, di romanzo, spesso di saggio storico o antropologico.
Quando viaggio cerco di lasciare a casa la memoria del gusto familiare, insieme ai preconcetti o pregiudizi che ho verso il paese, a tutte le conoscenze apprese e con cui amo informarmi prima di partire. Cerco d'accostarmi alla terra straniera, e più o meno lontana, con una sorta d'ingenuità curiosa, come un bimbo che s'avvicina al mondo gustandosi l'intorno sconosciuto.

Mio padre, Piero, ha imparato da ragazzino la storia sui francobolli. Da un hobby e una passione ha appreso i grandi e piccoli rovesci dei paesi. Su minuscoli "pezzetti di carta colorata" ha decifrato, con la curiosità e l'acutezza d'un adolescente, la Storia dei paesi, ne ha appreso i regnanti, le date chiave, il gusto estetico, talvolta nozioni sulla flora e la fauna del posto, talaltra sull'arte e la letteratura celebrati da una nazione...
Io applico la stessa cosa al cibo... mi piace leggere nel gusto di un piatto esotico le geografie del paese, le religioni, le usanze, le abitudini e le filosofie-alchimie che lo hanno reso possibile.
Dalle pietanze aprendo se quella  è terra di mare o di fiume, di collina o di montagna. Bendata, potrei dire con il gusto d'un assaggio se è paese caldo e umido, se invece arido e avverso. Coltivatori o allevatori? Pescatori o cacciatori? la risposta è "sulla lingua".
Sebbene la scelta del vegetarianesimo (che pratico da quasi 20 anni) mi precluda tanto, con il tempo ho appreso ad assaggiare anche solo con gli odori. Il profumo che emana una cucina è unico e non ignorabile.
Amo collezionare sapori nell'archivio della memoria.

Sfogliando il mio archivio fotografico ho scoperto diverse foto scattate, durante i viaggi, a persone che mangiano... le trovo interessanti, anche se non bellissime a livello tecnico, Il mangiare, in fondo, è la controparte del cucinare... perchè se il cucinare equivale a comporre o s'avvicina allo scrivere col cibo, allora il mangiare s'accosta all'ascoltare, al leggere un testo di sapori...ed anche quello racconta molto sul posto.
Mi piace guardare la gente che mangia. Come, cosa, dove mangia, narra tantissimo su la persona che è, sul paese in cui abita, sulla filosofia di vita di cui fa parte...

Gaia Del francia

Repubblica Ceca, Praga. 2007
Francia, Parigi, 2006
Laos, 2008
Laos, Muang Ngoi Neua, 2008
Giappone, Takayama, 2010
Giappone, Nara, 2010
"L'assetata", India, deserto del Thar, 2007


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